Julie's world...

Inizio ogni giorno come se non ce ne fosse stato uno prima e lo vivo come se non ce ne sarà uno poi... J.
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domenica 16 ottobre 2011

- Il mio karma traballa -

Come quando ti accorgi che è mattino ma puoi rimanere ancora a dormire.
Come quando colori una giornata grigia con un po’ di smalto.
Come quando un abbraccio ti fa sentire protetta.
Come quando hai poche certezze, ma quelle che hai sono la tua carica.
Come quando alcune incertezze rendono il gioco più bello.
Come quando il sole è caldo ma il vento è freddo.
Come quando i primi fiocchi di neve sanno di poesia.
Come quando un sorriso è contagioso.
Come quando indossi le tue scarpe preferite.
Come quando ti lasci andare alle stravaganze che diventano parte di te.
Come quando il mascara illumina lo sguardo.
Come quando accendi la luce appena entrata in casa.
Come quando il buio accoglie i tuoi sogni.
Come quando canti in macchina a squarcia gola mentre torni a casa di notte.
Come quando brindi con la tua migliore amica.
Come quando balli rapita dalla musica.
Come quando dimentichi la tua immagine e ti senti bella.
Come quando un messaggio inaspettato cambia la giornata.
Come quando torni a casa.
Come quando un vestito ti fa sentire speciale.
Come quando fa freddo e mangi il gelato.
Come quando il cane ti raggiunge sul divano e si lascia coccolare.
Come quando con una spazzola al posto del microfono improvvisi un concerto in playback davanti allo specchio del bagno.
Come quando il rumore del mare copre quello dei baci.
Come quando le mani scorrono veloce sulla tastiera.
Come quando ti prepari per una serata con una persona speciale e l’ansia ti mangia ogni certezza.
Come quando basta la tua canzone preferita a caricarti.
Come quando la stanza è invasa da bolle di sapone.
Come quando entri in libreria e vorresti leggere tutti i libri che ci sono. O almeno sfogliarli un po’.
Come quando decidi di cambiare qualcosa, un tatuaggio, un piercing, un taglio di capelli, un trucco diverso, un look nuovo.
Come quando ti rannicchi nel letto dopo una giornata piena, spegni la luce e ti accorgi che hai ancora voglia di vivere qualche ora.
Come quando l’invidia della gente ti fa sorridere.
Come quando ti accorgi di avere ragione su qualcosa.
Come quando si parla di vecchi ricordi con amici e si finisce puntualmente senza voce per le troppe risate.
Come quando sei in macchina e Ligabue canta “Certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei..”
Come quando torni nella tua città e l’odore del mare ti fa sentire a casa.
Come quando basta un po’ di matita nera e mascara per sentirsi più belle.
Come quando ridi al telefono con la mamma.
Come quando la giornata fila liscia e ti riscopri con un costante filo di allegria.
Come quando credi in qualcosa, che sia un dio, un amore, uno stilista, una dieta, un oroscopo o semplicemente il tuo nuovo profumo.
Come quando fuori piove e tu, sei felice dentro.

Julie.


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domenica 25 settembre 2011

- I miei pattini per scivolare sopra l'odio -

Ok, ora dimmi cosa vorresti che ti dicessi. Parole da spendere non ne ho, come tempo del resto.
Ho un treno da rincorrere e persone da abbracciare. Non sprecherò dei secondi in più con te, specie oggi che il tempo scorre lento e poi torna indietro.
Ho un piano attualmente. Voglio distruggere, demolire, annientare il mio mondo e crearne uno nuovo, prendere delle emozioni e scontrarle, vedere cosa ne esce, capire che possono fondersi tra di loro e creare una nuova me.
La senti oggi questa malinconia che pervade ogni oggetto, ogni centimetro d’aria? Vedi che tutto sembra anonimo e fermo? Lo vedi il caos statico, immobile che mi circonda?
Allontanati, cambia prospettiva e guardami bene. Non sono la persona che credevi,  ci sono tante cose che non sai di me. E di queste tante io ne conosco solo la metà.
Mi vien da urlare, strapparmi la carne. Non mi sopporto più, non sopporto più le mille patologie con cui ho fatto amicizia recentemente. Come uno di quei prestigiatori vorrei infilare una mano nel cranio come se fosse un cappello a cilindro nero, girovagare un po’ al suo interno e poi tirarne fuori, come mille fazzoletti colorati, pensieri, mal di testa, sogni, speranze, emicranie, pulsazioni, emozioni, strazi.
E poi vorrei essere uno studente di medicina davanti al mio cadavere o il dottor Victor Von Frankenstein in piedi accanto alla sua Creatura, stesa su un lettino, immobile. Vorrei aprire il mio corpo e massaggiare il cuore, i polmoni, dirgli che è tutto ok, sostituire il fegato e qualche altro organo. Aspirare via gli effetti di troppi nervosismi e cattiverie, medicare tutto con amore e poi richiudere il tutto, con dello spago nero, grosso… per ricordarmi sempre lo squarcio che mi sono procurata con le mie stesse mani.
Così ricominciare, come se fossi nuova, come se fossi pulita da ogni male… come se avessero appena aperto la confezione che mi conteneva al negozio.
Come una bambola insomma, un po’ vuota ma pronta ad accogliere tutto l’amore che le si può dare.

Julie.
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giovedì 25 agosto 2011

- Another rift in the wall -

Ero indecisa, avevo deciso di passare dal ferramenta, comprare un lucchetto senza chiavi e chiuderti fuori. Io sarei rimasta dentro me stessa invece, da sola. Ma mi son seduta sul marciapiede, di fronte a quell’enorme muro colorato. Ho tirato su gli occhiali scuri e li ho spostati sulla testa in modo da fermare l’enorme massa di boccoli che puntualmente mi si riversa davanti agli occhi. Ho deciso di non perdermi neanche un secondo dello spettacolo.
Guardo le mie Converse non più bianche come all’acquisto, decisamente vissute, e stringo le braccia attorno alle ginocchia mentre aspetto. Un’ombra mi copre i piedi. Elmetto, occhiali ed un grande martello, sostenuto con entrambe le mani. Eccoti. Mi sorridi, ma mi guardi appena. Guardi il muro con aria di sfida e poi cominci. E io lo vedo crollare mattone dopo mattone e non so se odiarti per aver distrutto un mio lavoro, un lavoro che ha richiesto duro impegno, rinunce e limitazioni o ringraziarti per avermi liberata. Che gran polverone, riesco a stento a vedere tutte le macerie sparse ma intuisco che tu sei già andato via. Lo so, avevi poco tempo da dedicarmi, mi avevi avvertito, ma speravo che facessi solo una crepa nel mio muro o una piccola fessura dalla quale guardare il resto del mondo… non mi aspettavo che lo demolissi, non mi aspettavo di essere lasciata senza difese. Ed ora che sei lontano ed ora che sono come nuda, il mondo mi assale. Mi confonde e mi invita al suo gioco. Un gioco in cui semplici “Si” e “no” detti sottovoce possono sconvolgere qualsiasi equilibrio ed ogni disequilibrio. Guardali mentre lanciano i dadi, mentre si giocano la mia sorte. Mentre si dimenano tra un due di picche e l’altro. Guardali mentre mi tieni per mano nei sogni. Credo che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò, ma non capendo cosa credo che continuerò a godere di ogni momento… mentre tu mi metti nei guai. Mi togli le parole, la mia unica arma. Mi vieti così di spiegare, di raccontare… perché gli sguardi, i sorrisi, i battiti del cuore non si possono mica scrivere.

Julie.
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mercoledì 3 agosto 2011

- Ci incontreremo in un buco temporale -

La febbre mi assale, come reazione alla tua mancanza. Il mio corpo si sente indifeso senza i tuoi abbracci, senza la tua presenza così rassicurante.
Ho visto più di un’alba, ma mai così rosa. Ho visto tante ore scorrermi davanti ma mai avevo dimenticato la concezione del tempo.
E mentre le mie inibizioni erano basse e mentre mi guardavi tenendomi il viso tra le mani, mentre ridevamo per cose stupide e mentre il mare ci faceva da sottofondo. Eravamo noi.
Cercami. Fallo quando sei triste, quando il mondo sorride, quando sei ammalato, quando ti manco, quando ti manchi. Cercami mentre piove e mentre ascolti una canzone.
Sconvolgimi con qualche parola detta sottovoce, sconvolgimi col tuo sorriso e la tua allegria. Sconvolgimi litigando, sconvolgimi dimenticandomi.
Torna, ma fuggi da me che sono sbagliata per chiunque.

Julie

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martedì 26 luglio 2011

- Una Tarantola e una Donna nel deserto -

Guardami, sono qui che fisso la tastiera. Sono qui che per la prima volta sono impanicata da un virtuale foglio bianco. Sono qui che guardo le nostre foto, dalle più vecchie e tenere alle più recenti e pazze.
Non parlo mai tanto di te, a nessuno, immagina scrivere di te quanto mi risulti difficile.
Non è che non voglio, è che non ci riesco.
Tu sei una cosa bella, sei una piccola isola felice per me.
Ma proviamoci. Prendimi la mano e lasciamo che il vento ci accompagni.
Anzi prima fermati, dammi un bacio, qui sul naso come piace a te.
Ok, posso cominciare, ma sai che faccio? Non scrivo di te, non scrivo di noi… provo a raccontare una storia.

“Buonanotte mondo. Chiudo gli occhi e tutto perde forma, colore, senso.
E così entro in una stanza, sembra un vecchio locale deserto, un po’ buio e impolverato.  Addossato ad una parete vedo uno di quei classici tavolini con lo specchio circondato di luci che servono agli attori per prepararsi ad uno spettacolo.
Passo una mano sullo sgabello di velluto rovinato per togliere almeno uno strato della polvere che lo ricopre e mi siedo. Contemporaneamente nello specchio una ragazza si siede di fronte a me. Occhi negli occhi e muovo una mano. Tocco la sua e sorridiamo della scoperta.
Vedo una massa informe di capelli ricci castani e due occhi grandi, castani anch’essi. E nei suoi, nostri occhi scruto in un angolo, la determinazione, la forza, la grinta che nessuno penserebbe mai esserci in poco più di un metro e mezzo d’altezza.
Ora ci osservo. Guardo le nostre mani e guardo i nostri corpi. Guardo i nostri nasi e anche gli occhi, i capelli, che in comune hanno solo il colore. Mi chiedo perché solo io vedo queste differenze tra me e la ragazza nello specchio.
Guardateci anche voi, fate attenzione. Siamo due contraddizioni viventi, siamo opposte a noi stesse e mischiate tra di noi. In questa vita o nella passata ci siamo scambiate pezzi di noi stesse, lacrime, sorrisi, baci, mani. In qualche strano modo ci completiamo e ci prendiamo cura l’una dell’altra.
Guardate ora i nostri occhi. Guardate i miei sempre delineati da una sfumatura nera. Guardate i suoi, sempre circondati da mille colori. Guardate i nostri capelli, i miei, lunghi, folti, ricci, incolti e continuamente in movimento sulla mia testa e i suoi, corti, a piccoli boccoli che sfidano la gravità, che sfidano la proprietaria e la sua pazienza, che le accarezzano le spalle, che cambiano spesso forma, ogni tanto colore.
Ora dateci un’oretta. Ci vestiamo ed usciamo.
Macchina. Sedute l’una accanto all’altra, a cantare canzoni che invece vorremmo ballare come pazze prima di raggiungere il posto che incornicerà la nostra serata.
E ora parte il bello, partono frasi degne di un comico, partono situazioni surreali, balli, ghiaccio, tacchi, sguardi rubati, fotografie, fino a tardi, fino a quando i nostri piedi sopportano i 13cm di distanza dal suolo, fino a quando non abbiamo bisogno di sederci e prenderci per mano e respirare forte, fino a quando non ci dicono che “è ora”. E poi tanto ci vedremo poche ore dopo, quando il sole sarà più forte di quello che abbiamo visto prima di dormire un pò. Ci incontreremo ridendo e con gli occhiali scuri, ci vedrete girare in un supermercato ridendo di ogni cosa e parlando poco.
Tutto questo perché pur essendo una persona sola, non siamo la stessa cosa. Tutto questo perché nonostante la somiglianza, non siamo simili a noi stesse, né ad altra gente.
Io e lei, la donna della mia vita, l’unica che amerò davvero, l’unica che conoscerò e mi sorprenderà sempre come mi stupisco ancora di me stessa.
Julie e Terie, sono “due puntini, ma visti da lontano”, da vicino sono due che non si possono non notare. 
Perché? Ah beh, questo non lo so. 
È quello che ci dicono sempre. Vero Mia Terie?

TI AMO.
Tua Julie”

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domenica 17 luglio 2011

"Perchè scrivi sempre cose tristi e malinconiche?" "Perchè quando sono felice, esco."

Non avrò mai grandi feste. Non sarò vestita come una principessa, non porterò una corona. Neanche per un giorno. Niente nella mia vita sarà perfetto e niente mi verrà regalato.
Non sarò la regina del mio matrimonio, non suggellerò una vita di falsità con una fotografia, un sorriso o la posa di un momento, non mi laureerò.
Catturerò al volo un’emozione e l’abbraccerò forte. Festeggerò con un cocktail e un paio di occhiali scuri al mattino. Terrò il MIO vestito più bello per me, quando arriverà il momento. Indosserò solo un sorriso se sarà necessario e sarò sempre me stessa. Non mi circonderò di gente solo per far numero. Non mi piacciono i numeri.
E dovrò perdere altre mille volte per vincere nella vita. Ed avrò altri mille giorni no per prendere la rincorsa. Continuerò a rifiutare le scarpe. Amo camminare scalza, guardare i miei piedi essere liberi e sentirmi un po’ più sospesa. Guarderò il mondo dalla mia distorta prospettiva. Odierò le mie mani che sembrano ancora quelle di una bambina di 10 anni.  Parlerò con uno sguardo e farò così grandi discorsi con chi riuscirà a coglierli. Indicherò il cielo e chiuderò gli occhi quando la musica mi pervaderà ancora, più forte di una luce accecante. Giocherò dimenticandomi delle regole, dell’età, degli schemi. Intreccerò le mie dita con quelle di un estraneo e mi sentirò più completa. Scioglierò i miei capelli sotto al sole cocente e li lascerò liberi di soffocarmi. Poggerò sulla mia testa un cappello di paglia per ripararmi dal sole estivo. Scriverò di storie mai vissute e racconterò emozioni sincere. Siederò ancora su dei sedili posteriori che mi condurranno a casa. Canterò guardando fuori dal finestrino e mi impanicherò davanti ad un microfono. Faticherò per permettermi le mie poche comodità. Ballerò in spiaggia di notte con amici di passaggio. Perderò anelli e bracciali. Scapperò da chi vorrà incatenarmi. Vivrò nel mio disordine, dormirò su un letto mai rifatto. E sarò ancora mille volte turbata dai miei dubbi, dalle mie paure, ma pur sempre fiera della mia coscienza.
Tutto questo mentre tu fingerai ancora la tua vita. Mentre crescerai rimanendo sempre la stessa persona. Mentre i piccoli cambiamenti della vita ti creeranno difficoltà futili. Mentre i soldi prenderanno il posto dell’amicizia. Mentre muoverai le persone come burattini. Mentre i risentimenti che dovresti avere spero ti divorino. Mentre mi guarderai ridere e star bene con le persone che hai cercato di allontanare da me e che poi sono fuggite da te.

Julie

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domenica 26 giugno 2011

- Troppo amore Mi ucciderà -

E lo so che non ti piace quando mi trucco, ma prendila come una piccola maschera che pongo sul mio volto quando non voglio riconoscermi. Si, lo so che ami la mia felpa rosa ma la camicia nera mi serve per mascherare tutti i difetti che tu ami accarezzare. So che adori quando la mattina, appena svegli tu puoi baciarmi gli occhi, liberi dal mascara. So anche quanto ami giocare con i miei capelli, tanti e tanto ricci… ma fa caldo, amore, e li lego sempre.
Continui a mancarmi nonostante io non ti conosca, continui a non esserci anche quando ci sei, continui a mancare ai miei silenzi, continui a essere tutto quello che desidero mentre cerco altro.
Sei cenere del mio fumo, sei tempo che scorre lento e poi torna indietro.
Ed io ti guardo dimenarti per un po’ di libertà, ti guardo mentre mi esorti a stendere le ali. Perché noi abbiamo le ali, amore. E poi ti guardo mentre ti struggi per la comprensione. Perché noi non veniamo mai compresi, mai come vorremmo, mai per quello che siamo.
Ma nessuna persona ci appartiene davvero, amore. Non puoi pretendere che io sia tua anche se ti chiamo amore, amore. E guardami mentre ti scrivo, guardami negli occhi mentre cerco le lettere sulla tastiera. Guardami mentre dormo, che lì non posso provare a distruggerci.

Julie

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domenica 19 giugno 2011

- Scrivo per Amore -

È tutta una grande aspettativa. La vita, dico, è una grande sala d’attesa e noi per ingannare il tempo lavoriamo, studiamo, ci innamoriamo, ridiamo, piangiamo…
Eccomi, mi vedi? Sono seduta in quell’angolino con le pareti verdi, verde come la speranza. Speranza che la mia attesa, qualsiasi cosa io stia aspettando, non duri poi troppo.
Dall’altra parte della stanza ci sei tu, in quell’angolo grigio, sbiadito. Ti guardo e credo che mai il tuo ricordo, mai la tua presenza, mai la tua assenza siano state così “piatte”, così grigie, così indifferenti. Ma forse, se ti ho voluto assegnare un colore, niente di tutto quello che ho appena detto è la verità.
È che stavolta non saprei, ti ho nascosto e ti sei nascosto, fuggo e fuggi. Appari in piccoli momenti delle giornate più impensabili e poi ti mando via. Non perché non ti vorrei con me, non perché tu non sia importante. Solo perché non è il momento giusto. Ma nonostante questo, credo che tu, anche attualmente, sia la cosa più presente nella mia vita, in maniera ovattata magari, in maniera silenziosa, dietro le mie spalle, in ogni mio gesto, c’è una piccola parte di te, in me. Mi porti a vivere picchi di massima felicità e poi mi scaraventi al suolo, mi sollevi e mi fai volare e poi mi abissi e mi affondi, come se avessimo sempre qualche conto in sospeso, come se dovessi sempre farmi pagare l’affidamento che faccio su di te.
È una guerra la nostra, una guerra tra quello che sei e l’immagine che io ho di te. Una guerra tra la realtà e quello che vorrei. Dovremmo trovarci in quella stanza un giorno, quella in cui ci siamo conosciuti. Dovremmo sederci ad un tavolo e guardarci negli occhi. Dovremmo parlarne prima o poi. Mi dovrai spiegare tanto, mi dovrai insegnare tanto, mi dovrai ancora distruggere e far rinascere, mi dovrai ancora rincorrere e dovrai farti rincorrere da me. Promettilo. Dovrai apparire ogni tanto come ieri sera tra gente e sonno, dovrai vivere per me ed io per te, almeno ancora una volta. Eppure senza di te sarei un po’ meno me stessa, sarei un po’ meno viva probabilmente. Eppure con la tua presenza costante non potrei vivere quegli abissi in cui mi porti e che, in fondo, mi piacciono anche.
Giuro che ci ho provato ad essere razionale, ad usare solo il cervello qualche volta ma non è la stessa cosa. Tutto perde di colore, tutto sembra diverso e anche il brutto non ha lati positivi. Ed ho provato anche a nascondermi dopo il cinismo che mi hai causato, dietro l’indifferenza, dietro la spavalderia, dietro mille maschere che mi appartengono solo in parte. Ma arriva quel momento in cui tu arrivi e fai crollare tutto, la verità, la finzione, le strategie, le difese, l’orgoglio. Arrivi e mi ribalti, inganni ogni centimetro del mio corpo, inganni ogni centimetro dell’aria che mi circonda. Arrivi da lontano, arrivi con una parola, con una canzone, con un gesto o un’occhiata e poi colpisci e affondi. Poi mi avvolgi, mi coccoli, mi fai vivere in uno stato di costante svolazzamento, come se camminassi sulla luna, come se ogni passante mi regalasse un fiore.
Mi ricordo quella volta, recentemente, in cui il tempo ha stravolto le cose ed in cui tu sapevi di liquirizia e sigaretta, il tutto imbevuto in litri d’alcool (il che spiega tutto). Mi hai preso per mano in mezzo alla folla, mi hai trascinato sotto un temporale contenta di essere li, mi hai donato poco ma inutile silenzio e troppe inutili parole, mi hai avvolto con una canzone e mi hai detto di aspettarti li, sulla panchina della stazione, mentre partivi senza guardare indietro ma con la promessa di un ritorno. Al tuo posto ritornò una piccola e vana illusione e una volta che l’ebbi riconosciuta andò via con la coda tra le gambe e il viso pieno di una parvenza di vergogna.
Come sempre ti perdono perché sono anni ormai che mi hai regalato gli occhi più belli del mondo da guardare ogni volta che ne ho bisogno e sono anni che mi hai insegnato a godermi i momenti in cui ci sei, senza pensare a quando e se te ne andrai.
Amami, Amore, poi lasciami e sparisci, abbracciami e fa che io ti manchi e torna violentemente inondando ogni atomo, scombussolando tutto e fatti amare, Amore, fatti odiare e rincorrere, fatti mancare e fatti abbracciare. Giochiamo, Amore, divertiamoci e corriamo in riva al mare, nascondiamoci e baciamoci in mezzo alla gente, odiamoci guardandoci con gli occhi pieni di Te.

Julie.

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lunedì 6 giugno 2011

- Le chiavi del mondo -

Non sono per niente una persona coerente, non sono neanche puntuale, né precisa, né ordinata. Ho milioni di difetti che si mischiano ai miei milioni di capelli. E i miei capelli in questo periodo sono lunghi e particolarmente arruffati, oltre che puntualmente sciolti.
Io sono ovunque tranne qui negli ultimi tempi, ho messo un’ancora nella realtà, nella mia realtà, che non è mai quella degli altri.
Profondi e costanti squilibri mi caratterizzano. Mentali, fisici, psichici, umorali. Molto profondi. Molto costanti.
L’impazienza, l’incostanza e l’irrequietezza sono il mio pane quotidiano ultimamente, insieme ad una lunaticità assolutamente e totalmente imprevedibile (e spaventosa, per chi mi è vicino).
E poi sono incapace ma vogliosa di dimostrare concretamente il mio affetto alle persone. Quelle che se lo meritano, ovvio. Ma sono proprio un’inetta in questo campo.
Quindi persone, gente, oh voi che leggete le mie montagne russe mentali… Vi voglio bene, sappia telo!
Scompaio, mi assento, vi ignoro, MI ignoro, esisto in orari sbagliati, ma Esisto. Litigo continuamente con il tempo, con le emozioni, con le persone, con la macchina da cucire che si inceppa, col silenzio e col rumore, con il cibo e con i denti [Dico io, perché se il giudizio da mettere è uno, i relativi denti sono 4? Forse perché spesso non basta soffrire una volta per imparare la lezione? Forse perché ripetere aiuta a rafforzare il concetto? Spiegatemelo.].
Tutto questo per dirvi che ci sono, sto lavorando per ottenere le chiavi del mondo.
Vedrete, prima o poi vedrete.

Julie.

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martedì 3 maggio 2011

- Io La amo, precisamente -

Dicono sempre che il mondo gira al contrario e io non avevo mai capito cosa volesse dire prima di conoscerti.
Prima ti ho sposato, poi ti ho amato, poi ti ho conosciuto e ora siamo estranei.”
Julie è seduta al suo bar preferito, quello con la grande vetrata che si affaccia sulla strada più caotica della città. Milioni di persone che passano, che si specchiano nel riflesso della vetrina dimenticando di essere visti. Un giovane uomo si ferma davanti a lei, a separarli solo un centimetro di vetro semi-trasparente. Sembra fissarla, serio. Julie lo osserva incuriosita, il suo volto, i suoi capelli contrastano con i suoi abiti. “Mi ha sentito” pensa mentre l’uomo si aggiusta i capelli arruffati con una mano veloce, le dita che stirano i capelli al loro passaggio e li costringono ad una piega “classica”. Poi passa entrambe le mani sul volto, come a lavarsi il viso senz’acqua e continua sul vestito, lisciando la giacca e tirandola per il collo per vestirla meglio. Si ferma di colpo e sorride. L’ha vista e le sorride imbarazzato, capendo di non aver scelto il luogo migliore per dare dei ritocchi al suo look, poi la saluta con un impacciato gesto della mano e prosegue per la sua strada sorridendo per il buffo inconveniente. Julie lo segue per un po’ con lo sguardo poi torna a guardare lo schermo del suo pc.
Sospira forte, la parola “estranei” le pesa e spera di mandarla via con un respiro più grosso degli altri, come se una boccata d’aria potesse cambiare le cose.

Mi chiedo come si possa scambiare tante parole e amore con una persona e rimanere sconosciuti. Eppure è possibile. È successo.”
Le vien difficile distrarsi da chi le occupa costantemente i pensieri, così cerca di sviare e provare dell’odio, del fastidio per qualcos’altro. Per qualcun altro. Prova a ricostruire piccoli ricordi e trovarne il marcio, prova a trovare qualcosa che non va, prova a simulare dei sentimenti.

Mi sono lasciata circondare da te, dal tuo profumo e dalle tue braccia. Mi sono lasciata svuotare per essere riempita di frasi e parole. Mi sono lasciata convincere dal tuo sorriso. Ed ora sei già fuori dalla mia vita e dai miei pensieri…” e allora perché scriverne?
Julie lo sa, non può bastare un uomo qualsiasi a cancellare anni d’amore. Soprattutto perché l’amore non è finito. Soprattutto perché quest’amore la rende viva, la sazia, la motiva, la sprona ad essere se stessa. Soprattutto perché è un amore felice che non ha bisogno di un bicchiere di troppo per risultare interessante.
Eppure quell’uomo era riuscito a convincerla che l’amore può non essere solo platonico, può non essere solo mentale, può non essere solo teorico. La prendeva per mano in mezzo alla gente e ridevano insieme. Si fermavano all’improvviso e si baciavano. Si baciavano anche tra un passo e l’altro. Essere felice così, con queste poche e semplici cose le ha fatto credere per un po’ che l’amore è meno grande e complicato di quello che si dice in giro.
Julie scuote la testa, come a rinsavire dai pensieri e si guarda intorno per ritornare ala realtà. Seduta ad un tavolo vede una coppia che si bacia. Lei potrebbe essere sua sorella maggiore, le ispira subito simpatia e disponibilità così presa dall’impeto della sua curiosità la osserva senza paura di sembrare maleducata o invadente. Vuole capire cosa lega queste due persone oltre alle fedi indossate. Per quanto ne sa potrebbero essere semplici amanti in fuga da matrimoni infelici. Ma la donna guarda il suo uomo come se non ci fosse nient’altro di più bello al mondo, ne è dipendente, lui è la sua droga, nonostante i difetti e le mancanze che caratterizzano inevitabilmente ogni uomo sulla terra. L’uomo le riempie il bicchiere d’acqua e le sorride come se fosse il primo appuntamento, come se dovesse essere galante per poterla conquistare.
Julie spegne il computer, si sposta dal bancone della vetrata e si siede ad un tavolino, il più vicino a quello della coppia. Un cameriere le si avvicina e lei ordina un tè al ginseng, necessariamente caldo, che richiederà del tempo per raffreddarsi ed essere bevuto, in modo da avere una scusa per rimanere seduta a quel tavolo il tempo necessario per conoscere meglio la coppia felice.
Mentre attende di intrufolarsi silenziosa nei loro discorsi li osserva. Lui le sposta i capelli dal viso e sorridono complici, lei gli blocca la mano e la bacia, se l’avvicina al viso e crea un contatto tra di loro, che va oltre al tatto, va oltre il gesto. Lei lo fa sentire importante, lei è importante. Lo si vede dai loro sguardi. Si vede quel che pensano come se lo stessero raccontando. Julie si sente indiscreta, leggere uno sguardo è il gesto più intimo che compirà oggi, lo sa. Non parlano e così Julie li guarda meglio, non aveva notato che lei ha tra le mani un libro e lui riesce ad essere impegnato contemporaneamente col suo computer. Riescono a condividere il loro tempo, a trasmettersi amore  nonostante abbiano altre cose da fare. Riescono ad amarsi nonostante il mondo, nonostante la vita continui, nonostante stiano facendo altro. Riescono ad amarsi senza parlare, senza dirsi nulla, perché il loro amore si sente più forte di quell’uomo che fuori dal bar canta a squarciagola con una chitarra tra le mani.
Il tè è arrivato da un pezzo e ha raggiunto la temperatura perfetta per essere bevuto, mentre Julie non ha ancora una risposta alla sua domanda, così decide di riaprire il computer e finire la lettera.

Ma oggi ho capito che l’amore può essere eterno o infinitamente breve, tutto sta nell’intensità, tutto sta in quel momento in cui nessuna parola può esplicare quello che pensi, tutto sta nel sorriso che l’altra persona ti provoca. Non un sorriso qualunque, ma quel sorriso che parte dal cuore e dallo stomaco. Ogni volta che con una persona le parole diventano troppe e superflue allora c’è amore. Quando il silenzio va rotto con un abbraccio, un sorriso, un bacio allora c’è amore. Non è mai grande o piccolo abbastanza da non essere chiamato così e non dovrebbe mai spaventare.
Ho capito anche che star qui seduta a scriverne me ne farà perdere molto e che probabilmente domani o tra qualche giorno cambierò idea perché forse l’amore non è uguale per tutti, non è uguale con tutti… quindi per oggi ti ringrazio per l’amore che mi hai donato per poco tempo. So che non lo dimenticherò, magari lo odierò o ne sorriderò, ma sarà sempre con me almeno finchè il tuo profumo rimarrà sui miei abiti.

Julie

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domenica 1 maggio 2011

- Il mio Karma traballa -

Amarezza. Acidità. Ansia. Abbandono. A.
Potrei trovare altri mille vocaboli [che inizino tutti per A] che rappresentino la giornata di oggi, ma mai bene quanto questi.
Ma ce n’è una, tra queste parole, che rappresenta l’ultima settimana.
Ci sbatto la testa, mi chiedo come la gente ne sia capace, mi chiedo se il problema sono gli altri o se invece sono solo io, con i miei castelli in aria, con la mia semplice voglia di star bene.
Di sicuro le persone fanno un errore con me. Sono sempre convinte che io mi aspetti qualcosa, che io agisca in base a quello che loro risponderanno.
Si portano via pezzi di me, chi gli occhi, chi la bocca, chi i capelli, chi la forza… e mi lasciano li convinti che io voglia portarmi via pezzi di loro. Io non voglio niente, voglio vivere solo i momenti che ci accomunano. Non mi aspetto che manteniate promesse, non mi aspetto che mi aspettiate, non mi aspetto che mi portiate per sempre con voi, non mi aspetto che mi siate vicini, non mi aspetto nulla se non un po’ di leggerezza nell’affrontare la vanità delle cose e tante, troppe parole in meno, che non servono a niente, che non significano niente.
Nessuna promessa per favore.
Sono una sognatrice è nella mia natura sognare, sperare che tutto vada bene, che mi capiti il meglio, che il principe azzurro arrivi a cavallo e mi porti in un castello e tutto il resto, ma so cos’è la realtà ed è per questo che sogno ed è per questo che vi invito a non abbandonarmi per paura delle mie aspettative.

Julie

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mercoledì 27 aprile 2011

- Un dipinto di caffè -

Caffè. Un piccolo bicchierino di plastica bianca contiene quei pochi ml che mi permetteranno di affrontare un’altra giornata. Il caffè è bollente, lo è anche il suo contenitore ormai, così lo tengo tra le mani e ci soffio sopra, delicatamente però perché è pieno fino all’orlo.
Vapore e caffeina si impossessano delle mie narici e da li al cervello la strada è breve.
Addii, partenze, arrivederci e abbandoni. Scadenze, ricorrenze, preoccupazioni e festività. Parole che si mescolano con ricordi e immagini degli ultimi giorni, trascorsi così velocemente da risultare per la maggior parte sfocati. Ricordo sorrisi, mani, bicchieri, occhi, strade e qualche frase, di quelle che bisogna ricordare.
Ora sono di nuovo lontana da casa, di nuovo sola, di nuovo pienamente cosciente di tutto… di nuovo sommersa dai miei mille dubbi…

Julie

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mercoledì 6 aprile 2011

- Nella foschia le stelle -

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Oggi ci stiamo sulle palle il mondo ed io. Lo sento stretto e pesante mentre si accascia su di me. E lui mi vedrà inutile e noiosa mentre lo snobbo.

La gente finge continuamente che tutto vada bene, i discorsi si aprono con un “Ciao come va?” e terminano sempre con un “Bene grazie”.
La gente pubblica foto dove è sorridente, festeggia, è circondata da altre persone, in modo che l’altra gente capisca che non è noiosa, che non è vuota, che non è monotona, che non è sola.
La gente si rifugia nelle abitudini e in tutto quello che ama definire “passione” o “hobby” per dimenticare di pensare, di godere dei propri stati d’animo, di qualunque natura essi siano.
La gente si nasconde dietro ai soldi per giustificare cose fatte o l’impossibilità di fare qualcosa invece di rispondere “L’ho fatto perché mi andava/ Non l’ho fatto perché non mi andava”.
La gente si giustifica dando la colpa agli altri o alle cose, pur di non ammettere mancanze, pur di non ammettere che è umano avere atteggiamenti negativi.
La gente è brava a starti vicino quando stai male. La gente è brava a starti vicino quando stai bene. Ma di solito non sono mai la stessa gente.
La gente si finge impegnata quando non ha voglia di avere a che fare col mondo, si finge stanca, si finge distratta, si finge assente.
La gente è brava a dimenticare, è brava a ricoprire i buchi col cibo, è brava a riempirsi di musica “per non pensare”.
La gente crede di potersi mostrare agli altri attraverso scuse e giustificazioni per quello che si è.
La gente ha una capacità invidiabile di fare mille cose senza riuscire a dargli un senso, uno scopo, un perché.
La gente non ha mai tempo, non ha mai niente da mettere, non ha mai luoghi in cui voler stare, ha sempre troppi desideri e “cose più importanti da fare”.
La gente ama farsi pubblicità, ama aprire una finestra di se al mondo con la quale far vedere quanto è bella, brava, diligente, saggia, senza problemi. Ama ricevere complimenti e le critiche vengono chiamate “invidia”.
La gente “predica bene e razzola male”, odia l’incoerenza e si professa assolutamente coerente quando nessuno al mondo dovrebbe esserlo.
La gente odia la curiosità e dimentica che esiste un vocabolo apposito per l’invadenza.
La gente dovrebbe aprire il vocabolario a volte e imparare quei termini che servono a spiegare gli stati d’animo e smetterla di nascondersi dietro alla solita frase “le emozioni non si spiegano”.
Le emozioni si spiegano in mille modi ma solo dopo aver imparato a parlarne si può passare a spiegarle con eventuali forme d’arte.

Ora, io non starò sempre bene, avrò momenti in cui anche il sole mi sembrerà buio, pubblicherò frasi, foto o silenzi che rappresenteranno una giornata senza sorriso, non sarò sempre circondata da gente festosa, rumorosa o perfetta nei loro sorrisi o baci che durano il tempo di un flash o non sarò circondata da gente, punto e basta. Mi rifugerò nelle mie passioni nei momenti in cui le mie emozioni ed i miei stati d’animo saranno così forti da volerli manifestare in tutte le forme che conosco e a volte sarò scortese, distaccata, assente e cattiva, acida, menefreghista, silenziosa e con la testa tra le nuvole. Non dimenticherò il bene, né il male e la musica seguirà le mie emozioni per interpretarle, non per dimenticarle e metterle da parte. Ogni cosa che ho fatto, faccio e farò (e viceversa) ha un senso, lo scopo lo troverete sempre nei miei occhi o nelle mie parole se siete lontani.

Questo è solo un blog, non pensiate di leggere esclusivamente parti di me, ma essendo io una qualsiasi, sappiate di leggere pezzi di chi vi è attorno e di voi stessi. Non pensiate che io soffra continuamente o che sia una persona triste, rido e piango di gioia molto più di quanto possiate pensare, anche racchiusa nel mio piccolo e strano mondo, è solo che riuscendole ad affrontare, mi sento in grado di mostrarvi (una volta superate) le mie debolezze, anche solo per portare avanti la mia lotta contro le maschere che la gente pone sul proprio volto.

Julie

lunedì 28 marzo 2011

- A un pezzo di cielo da te -

[Prima di iniziare a leggere avviate il video e lasciate che questa sia la colonna sonora del mio sogno]




Oggi, infatti, sono la Julie che ho sognato stanotte, quella che non appartiene a nessun posto preciso. Una Julie in viaggio.
Guidavo la mia Punto bianca del ’95, lasciatemelo dire, un gioiellino! L’unica pecca è che non ha un lettore CD ma un magnifico mangianastri al quale grazie al ‘dio tecnologia’ riesco a collegare il mio inseparabile I-Pod [un fantastico contrasto tra vintage e new age, insomma!]
Viaggiavo su un’autostrada, vuota solo nella mia carreggiata, il che mi permetteva di godermi ogni singolo momento del mio viaggio, compreso quell’incredibile tramonto rosa e le canzoni scelte ad arte dalla riproduzione casuale.
Grazie alle mie poche nozioni di spagnolo ero certa che il paesaggio che si mostrava davanti ai miei occhi era l’esatto opposto di quello che ascoltavo nella canzone. Shakira parlava del fatto che “quando meno te lo aspetti sorge il sole”. Lo sfondo del paesaggio che sembravo dover raggiungere, mostrava invece il sole che mi salutava, rivelandomi con maestria la sua capacità di creare sfumature inspiegabili, irriproducibili, infotografabili. 
Eppure non immagino momento migliore in cui farsi accompagnare da questa canzone.

Tanto me quise besar que me duelen los labios…
Vi capita mai di annullarvi nelle parole di una canzone? Distruggervi totalmente, come a prendere un martello enorme in testa e finire in mille pezzi come in un classico cartone animato?
In quel momento era come avere un puzzle di me stessa in una scatola con 4 ruote. Ogni pezzo era mio e raccontava un po’ di me, ogni tessera aveva un motivo d’esserci.

Mira que el miedo nos hizo: cometer estupidaces…
Fortunatamente era solo un sogno, così il fatto che avessi affidato la guida all’Arbre Magique al cocco e al gatto di peluche, non risultò per niente pericoloso.
Ero in mille pezzi, tutti diversi e gettati alla rifusa sul sedile del guidatore. Anche se non li contavo sapevo che ne mancava qualcuno, giusto un paio, non di più. Ma di uno in particolare sentivo la mancanza, per quell’unico pezzo “mi facevano male le labbra”.
È un pezzo che cercavo di riprendermi da tempo. Mi era stato rubato o meglio, ero io che l’avevo donato nella speranza che un giorno il “fortunato” possessore potesse arrivare e con nonchalance posare l’ultimo tassello per completare il puzzle, aiutarmi ad incorniciarlo e appenderlo in una grande parete, circondato dalle mie fotografie, quelle che mi diverto a fare per immortalare attimi di vita e quelle che ritraggono me in momenti e stati d’animo che so sempre riconoscere, anche a distanza di tempo. Ognuna di loro esplica alla perfezione ognuno dei 999 pezzi del puzzle, meno che l’ultimo. Quello non avrebbe bisogno di essere appeso, né ricordato. L’ultimo pezzo è quello da vivere ogni giorno, con naturalezza, senza che sia mai un peso.
L’ultimo tassello quello che mancava non è una voce né un sorriso. Forse è uno sguardo o un abbraccio, forse è solo silenzio, forse ancora è solo un profumo o un tocco.
Non è un pezzo vitale, niente che serva al sostentamento per lo meno, ma sapevo che con quel pezzo in più la mia vita poteva essere Vita, per come io l’ho sempre intesa.

D’un tratto potevo vedermi chiaramente, seduta sul mio sedile, con una mano sul volante e l’altra come d’abitudine appoggiata sul cambio. Sembravo segnata, sulla mia pelle erano evidenti tutte le tessere del puzzle meno che una, senza la quale vivevo ugualmente ma della quale ero sempre e comunque alla ricerca, consapevole che l’avrei trovata prima o poi.

Poi mi sono svegliata sola nel mio letto e dalla finestra potevo già vedere un po’ di luce entrare. Era l’alba e quindi Shakira non era poi così tanto fuori tempo. Ho scalciato via le coperte ed ho fatto un giro per la casa, vuota e addormentata, silenziosa e appena illuminata. Ho preso la coperta di pile con le scimmiette (imbarazzante ma tanto calda), mi sono seduta alla mia scrivania ed ho acceso il pc, dovevo analizzarlo quel sogno, scriverlo e liberarmene.
Era proprio solo un sogno, io quel tassello che nel sogno mancava ce l’ho, è mio, lo conservo gelosamente, come il ciondolo più bello appeso ad un bracciale che indosso da sempre. Quel pezzo è uno dei miei sogni, una tessera della quale sento di aver bisogno per avere una vita completa, ma è come se quel tassello avesse un momento più indicato per essere attaccato al resto del mio puzzle. E quindi io aspetto solo l'istantegiusto per posarlo e appendere con “il fortunato possessore” il quadro. Per ora mi dedico alla parete che ho già iniziato a riempire di fotografie, pensando che per i miei pochi anni ho già troppi ricordi…
Passerò dall’Ikea, forse hanno inventato un muro estensibile.
Ho acceso il mio I-Pod: “Una canzone e poi torno a letto, non c’è nulla che valga la pena di essere vissuto la domenica mattina” mi sono detta mentre iniziava “Twentysomething”.
Si, la canzone perfetta per concludere IL mio sogno… tra l’altro tra meno di un mese avrò “20 e qualcosa” anni, vissuti sempre all’insegna dei sogni, anche ad occhi aperti.

Julie.

mercoledì 23 marzo 2011

- Nuvole di cotone, calde ma non troppo -

Ci vorrebbero due coccole al cuore stasera. È solo un po’ di solitudine. È solo che ogni tanto ci vorrebbe un momento in cui ti abbandoni completamente tra le braccia di una persona. Il vero problema è che ti lasceresti andare interamente solo con Una determinata persona.
È come quando sai che per sollevarti il morale ci vorrebbe un po’ di gelato, ma non un gelato qualsiasi, ci vorrebbe proprio l’Häagen-dazs al caramello, che ti impasta per bene bocca e cervello che quasi ti rincoglionisce!
Ma non è malinconia, è proprio la voglia di lasciare che qualcun altro si prenda cura di te, che ti accarezzi i capelli, ti tiri su la coperta e ti abbracci mentre dormi, come a difenderti dai mostri del buio. Addormentarsi sicuri di non fare incubi e poi svegliarsi riposati e sereni.
Sono aperti i casting per trovare questa Persona.

Julie.



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lunedì 14 marzo 2011

- Nelle tasche un volo -

Come riconoscere una donna contenta? La troverete a fare dei balletti idioti davanti ad uno specchio deformante dell'Ikea senza badare alle 3 taglie che le aggiunge!!!
Anche oggi vorrei essere un’altra delle 7 Julie, magari quella che si sta godendo una bella vacanza, che sorseggia un cocktail da un bicchiere ricreato da una noce di cocco. Al collo una collana di fiori rigorosamente bianchi che risaltano sulla sua pelle abbronzata e in testa un semplice cappello di paglia a tesa larghissima che la protegge dal sole cocente. Indossa un costume blu acceso e annodato in vita un pareo lungo fino ai piedi che le accarezza lievemente le gambe ad ogni passo.
Non riuscite ad immaginarla, lei? Non vorreste essere anche voi nei suoi panni? Godervi il sole, il caldo, il mare e il dolce far nulla, cercare un po’ d’ombra sotto la quale ripararsi per leggere un buon libro, poi fare un ultimo tuffo in quella stupenda acqua cristallina e ammirare un tramonto come pochi con l’i-pod  come unica compagnia. Non ve lo immaginate? Io già mi vedo seduta sulla spiaggia, mentre mi abbraccio le gambe, guardo verso l’infinito e ascoltando “UBerlin” dei R.e.m. cerco di cacciare l’irrefrenabile voglia di ballare come il protagonista del video (che poi sembra me quando ballo contenta davanti allo specchio, acrobazie a parte!).
Beh, ora vado a mettere in pausa il mondo in modo da poter ballare un po’ davanti al mio specchio Ikea.

Julie.

giovedì 10 marzo 2011

- Ti affitto l'America -

Oggi è uno di quei giorni in cui vorrei mollare tutto, partire, cambiare ogni singola cosa della mia vita, vivere qualcosa che non mi appartiene, calarmi nei panni di un’altra persona.
Dicono che nel mondo ci sono 7 persone uguali a noi stessi, ovvero nel mondo dovrebbero esserci altre 7 Julie… ecco, io oggi vorrei essere una di quelle 7, possibilmente (se potessi scegliere) quella che si è svegliata stamattina nel suo monolocale newyorkese, nei piani più alti di un grattacielo a specchio.
Quella Julie stamattina ha acceso la radio che magicamente trasmetteva la sua canzone preferita del momento. Ha accennato dei passi di danza di fronte allo specchio con la sua tazza di tè caldo tra le mani, caldo ma non abbastanza per ustionarsi, perfetta nella sua lingerie comprata nel reparto maschile.
Si è seduta sulla sua poltrona preferita di pelle bordeaux, leggermente usurata e ha guardato fuori dalle enormi finestre che chiudono il suo appartamento. Il tempo è stupendo, con quel sole primaverile che ti permette di dimenticare i giorni in cui avresti indossato anche tre cappotti contemporaneamente, ma non così caldo da desiderare di lavorare in car wash.
Julie (quella di New York) stamattina ha assaporato lentamente il risveglio riuscendo anche a sfogliare alcune delle riviste comprate il giorno prima, riuscendo anche a decidere i suoi prossimi acquisti per l’estate così imminente. Poi ha fatto una doccia veloce, ha infilato la prima maglietta pescata a caso tra i cassetti e il suo jeans preferito, i suoi camperos e un bolerino di pelle consumata. Insomma, un mix & match che raccontato così può sembrare terribile ma addosso a lei funziona, perché è la sua magia. Ha preso borsa e I-phone, chiavi di casa e occhiali da sole e si è precipitata in strada dove con un semplice gesto ha fermato un taxi che l’ha portata al suo bar preferito, quello in cui c’erano già le sue amiche ad aspettarla… e poi ovviamente la giornata sta continuando… considerando il fuso orario!! J
Sono sicura che finirà con una bella cena in buonissima compagnia…
Se non dovesse essere così allora no, non è la Julie che vorrei essere oggi.
Perché vorrei essere un’altra me? Perché sono esausta, stanca e stressata.
Oggi c’era il sole e faceva relativamente caldo ma sono riuscita a godermelo solo aprendo la finestra senza congelarmi. Oggi non va bene niente, dall’immagine che vedo nello specchio, al tè troppo bollente e poi freddo e insapore, la cucina invasa in maniera eccessivamente disordinata e invadente da giornali, riviste, fogli, penne, matite, libri…
Mi sono svegliata gridando da un brutto incubo e poi il postino maledetto e i vestiti che mi assalgono, la nostalgia di casa e della mia migliore amica, la solitudine qui in casa…. Uffff insomma!! Chi mi propone una vacanzina?? J Si accettano proposte! (Si accettano anche donazioni di denaro veramente…. Ahahahaha)

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lunedì 7 marzo 2011

- Forse sono tutto senza essere niente -

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Oggi nevica, quello che vorrei è essere sola in una casa con la luce che entra dalle finestre, tutto intorno il silenzio, il mio i-pod nelle orecchie, vestita comoda ma bene, magari appena uscita da un bagno rilassante… vorrei una giornata senza caos, senza pensieri… la casa dovrebbe essere vuota, con il minimo indispensabile…vuota di oggetti, di vestiti, di scarpe, di storie, vuota di relazioni virtuali e impossibili, vuota di problemi e vuota di pasticci, vuota di cibo;
piena solo di respiri, di musica, di sentimenti, piena di me.
L’unica cosa che è presente attualmente è la musica… quella non manca mai.
Oggi si pensa, oggi si usa il cuore, oggi si fa un viaggio dentro me stessa.
Andiamo.
Si, sono strana. Si, sono io.
Vedo il lato più strambo delle cose e imparo a conviverci. Col bene e col male io ci convivo quotidianamente e non so perché non riesca a farmi capire dalle persone.
Sono “troppo”. Troppo simpatica, troppo chiacchierona, troppo riflessiva, troppo timida, troppo paranoica, troppo pazza… sempre tutto troppo. Sono sempre quella strana, quella per la quale tutti si preoccupano e che cercano sempre di aiutare a trovare delle soluzioni (a cosa poi?)  più “consone”…ehi… molti sono peggio di me li fuori!! Gente che riesce a convincere tutti che studia e poi sta anni all’università a fare nulla. Gente che si divide tra canne e scarpe costosissime, pronti per delle uscite alcoliche. Gente che non sa amare, che non sa cosa sia il rispetto per se e per gli altri, che non sa ridere, che non sa godere delle piccole cose, gente che si abbatte al primo ostacolo, gente che non lotta. Gente che odia la vita, che vive per inerzia perché è troppo stancante pensare al suicidio, gente che inganna le persone che gli sono legate, gente che è troppo presa da se stessa per notare il dolore e le gioie degli altri, gente che dice che la vita fa schifo, che tutto fa schifo, gente che pensa di sapere tutto, gente che scappa da ogni situazione.
Sono stanca. Non sono io quella strana, sono una persona molto più equilibrata di quello che può sembrare. È che, a chi si sente un superuomo io sembro una nullità e a chi si sente una vittima io sembro un ciclone di pazzia. Sono nel mezzo esatto tra queste due cose io e so distinguere il mio momentaneo pendere da una parte piuttosto che dall’altra. Eppure io che non mi vergogno di me stessa, io che non mi faccio problemi a mostrare come sono, ciò che faccio e ciò che penso sono quella strana, chi vive in incognito è una persona migliore.
Sono stufa della stupidità della gente e quindi mi dedico alle mie cose e alle mie emozioni, poco poco, piano piano, sottoforma di spilli, sottoforma di sorrisi e scherzi, sottoforma di fili, tessuti, fogli, matite, libri, sogni, parole, musica, decisioni… sono tutte li le mie emozioni, sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vederle.
Ma mi rendo conto che per chi è cieco io sono solo una macchina programmata male.
Invece io sono cosciente di me, sono cosciente dell’amore incondizionato e inspiegabile che provo per alcune cose e persone.
Il sorriso di mia mamma, la goffagine di mio fratello, la felice pazzia di della mia migliore amica, la schizofrenia di un uomo, la mia scadente macchina da cucire, il mio cane patatone, le mie folli idee, i miei disegni, le mie foto, i miei sogni, la musica… gli yogurt bianchi e le carote.
Potrei vivere così e basta… potrei sopravvivere per sempre nutrendomi di emozioni, musica, yogurt e carote.
Ma la gente non mi capisce, continua a definirmi strana senza capire che quella che loro chiamano “stranezza” è il mio punto di forza, sono io, al 100%.

Julie


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- Il giorno soffiato -

Spegni la luce, apri le tende e lascia che la luna rischiari appena un po’ il buio che hai creato.
Il buio ti spoglia, permette di non vederti riflesso nello specchio, di non poter osservare il volto che indossi ma aiuta ad aprire una voragine verso il punto più profondo di ciò che sei.
Diretto verso le tue paure, le tue ansie, i tuoi tormenti, il buio scava e ti libera dalla vera oscurità che ognuno di noi si porta dentro, tra insoddisfazioni, fallimenti, sogni messi da parte…
Da piccola avevo paura del buio, ora un po’ meno, lo affronto in compagnia della fantasia, della musica e dei sogni per cercare di liberare la parte migliore di me e oramai, il buio è solo assenza di luce...

Julie

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venerdì 18 febbraio 2011

- Avevo un'amica, un amore e una famiglia - (part 3)

Tempo fa avevo una grande famiglia, grande e regolare.
Un padre, una madre e un fratello. Poi nonni, zii, cugini e pro-cugini che a contarli tutti  ci avrei messo una settimana.
Avevo l’ingenuità di pensare che bastasse un piccolo pezzo di DNA in comune per essere uniti.
Avevo la forza dell’amore che mi nascondeva i difetti di ognuno di loro.
Avevo la classica età in cui il primo nemico è tua madre, la persona a cui meno volevo essere paragonata.
Avevo la piccolezza e la semplicità di una bambina, la spontaneità nel sorriso che legava a doppio filo me e mio padre.
E poi c’era un fratello a cui dimostravo affetto in silenzio o pizzicandogli le guance, c’erano i cugini e pro-cugini, fratelli e sorelle mancate, preziosi compagni di gioco, tutti simili a me ai miei occhi ma così distanti dal mio essere per tutti gli altri, loro compresi.
Zii che avrei voluto come genitori e nonne cuoche. Nonni trasparenti ma vicini in tutti i modi.

Poi accade che cresci, che mamma e papà cambiano strada e tu tiri un sospiro di sollievo nel vederli più sereni dopo anni.
Accade che uno litiga con un altro, l’altro vuole bene a un altro ancora ma non a uno e non a te che vuoi bene a uno, all’altro e all’altro ancora.
Accade che cerchi di capire e spiegarti ma nessuno capisce te e nessuno ti spiega niente.
Succede che cambi e lasci casa, poi cambi ancora e comprendi tua madre, la conosci da lontano e sai di assomigliarle inevitabilmente.
Poi ti guardi attorno e in una città lontana ritrovi un padre che non ricordavi così estraneo e ti chiedi dov’è finito quell’uomo che condivideva con te i giochi di ogni età fino a qualche anno prima, quell’uomo che era l’unico uomo della tua vita.
Torni a casa ogni tanto e trovi un gigante nel tuo letto, lui quel bimbo cicciottello col quale le dimostrazioni d’affetto erano limitate, ora si è trasformato come gli alieni di “Space Jam”, è alto come una Julie su un’altra, ha una voce strana che potrebbe essere il doppiatore di uno di quegli alieni o di Duffy Duck e ti accoglie con un abbraccio goffo, gobbo (data l’altezza e i metri che deve fare verso il suolo per raggiungerti) e pieno d’amore ogni volta che ti vede rientrare nella sua vita.

E sai che ti può bastare il loro amore, tacito o meno che sia, visto che guardandoti intorno non vedi altro che reale menefreghismo, “troppi impegni”, opportunismo, gelosie, indifferenza, e ipocrisia anche negli occhi e nei gesti delle persone che nonostante tutto continui ad amare solo per quel piccolo, minuscolo, invisibile pezzo di DNA che forse avete in comune.

Ora però mi può bastare il piumone, vado sotto le coperte a nascondermi dal mondo.
Oggi mi ha fatto venire mal di testa con la sua pienezza.

Julie.

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- Avevo un'amica, un amore e una famiglia - (part 2)

Un’altra volta invece, avevo un amore.
Era un amore immenso, di quelli che rendono minuscolo ogni altro sentimento per ogni altra persona, di quelli che rendono tutta l’altra gente un ammasso di asessuati.
Era un amore inspiegabile ed io avevo l’ingenuità dei miei pochi anni e delle mie poche esperienze a rendere il tutto ancora più formidabile.
Avevo due occhi verdi, quasi blu che mi guardavano con amore e paura. Mi mangiavano di desiderio e amore e mi spingevano via.
Avevo la mia mano che si intrecciava con la sua in piccoli angoli nascosti della città.
Eravamo i perfetti “ragazzi che si amano”, quelli che “..si baciano in piedi contro le porte della notte”.
Lui era l’amore più puro che io abbia mai vissuto, senza la paura di passi falsi, senza la paura di sbilanciarsi, senza pensare troppo al futuro ma con la voglia di entrambi di raggiungerlo.
Io ero li e lui doveva solo prendermi, sentirmi sua, tenermi accanto a se e ridere con me.
Quando ci penso mi mancano le nostre ore sempre così corte ma mai poco costose, passate al telefono, mi mancano i nostri scambi di messaggi e canzoni, la sua gelosia e la mia follia, i battiti del mio cuore i buffi soprannomi che mi affibbiava.
Poi finì. Mi trasferii in un’altra città e ci dicemmo addio per evitare di soffrire troppo.
Ritornai ma non ci ritrovammo mai.
E ora che di anni ne sono passati tanti, vorrei solo sapere se è felice, se sta bene, guardarlo negli occhi un’ultima volta per rivedere e capire tutto quello che eravamo.

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- Avevo un'amica, un amore e una famiglia - (part 1)

Avevo un’amica una volta. L’adoravo.
Era un Sole nero. Il mio Sole, il Sole ideale per i momenti di strambitudine.
Cos’è la strambitudine (oltre ad essere una parola che Word non riconosce)?
È quella cosa che Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”  chiama “avere le paturnie”.
Comunque, dicevo di questo Sole che un giorno tra incomprensioni e ragazzi di troppo tra i piedi, si è spento. Attualmente lei è ancora lì, lontana e così ormai estranea probabilmente.
Ci penso ogni tanto, eravamo migliori amiche. L’una per l’altra abbiamo fatto e avremmo fatto ancora tanti chilometri per vederci.
Eravamo l’alter-ego di noi stesse, io il suo e lei il mio.
Ci sono momenti, ultimamente sempre più frequenti, in cui la rivorrei nella mia vita, altri in cui penso che sia meglio averla lontana a causa della sua diversità autodistruttiva. Ma in fin dei conti mi manca, mi manca anche quel piccolo disagio dovuto allo squilibrio tra le nostre vita, tra le nostre idee, abitudini e caratteri. Mi manca parlarle, confidarmi e confortarla, scriverci e aggiornarci sulle nostre lontane vite, mi manca avere in comune tutto ma nulla realmente.
È paradossale, ora che potremmo viverci, ora che potremmo condividere il mondo siamo così lontane.
Ma stavolta non si tratta di chilometri, ormai sono diminuiti vertiginosamente quelli che ci separano fisicamente… sono le nostre anime ad essere lontane.
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mercoledì 16 febbraio 2011

- Sciocca lettrice di fiabe -

Just Julie.
Solo un po’ di me, che sono una qualsiasi.
Non pretendo di piacere, non pretendo di interessare, non pretendo nulla se non di divertirmi.
Quindi SPERO anche di divertire e interessare.
Ho deciso di creare questo blog perché in fondo sono un po’ egocentrica ma in maniera particolare, spero di farmi conoscere attraverso le mie parole e immagini varie.

Mi presento, perché credo che sia ben educato, non per altro.
Ho più di 20 anni ma meno di 25, in nessuna città in cui ho abitato e abito fin’ora mi sono sentita realmente a casa. Vivo con il mio cane Mr M e studio per raggiungere il mio più grande sogno, quello di diventare una stilista.

Amo la creatività, il nuovo, il diverso, il particolare, amo le fotografie, le parole scritte, amo i punti e le virgole, amo giocare con i colori e le luci, con le forme e la fantasia.
Amo le persone, amo capirle o almeno, cercare di capirle, illudermi di averlo fatto e imparare che anche gli individui più simili hanno delle sfaccettature uniche.
Amo gli aghi, i fili, i bottoni e le spille, amo sentire le stoffe scivolare tra le mani e il rumore della mia piccola macchina da cucire che si mescola perfettamente con le note della mia musica preferita che gira a random nell’i-pod.
Sono innamorata di quelle poche cose belle che ho ottenuto nella vita... Poche ma ottime, piene di limiti ma appaganti da morire....assolutamente, totalmente parti di me...

Ho le mie dipendenze, niente di grave o illegale però. Dipendo dalle emozioni, dai sogni, dalle illusioni, dai cambiamenti, dal computer, dalle ricerche, dalla curiosità e da tutte le cose che amo, insomma, sono dipendente dalla vita.

I sogni nel cassetto sono tanti tanti, tantissimi!!!
Non mi do per vinta, studio, lotto, risparmio per poterli realizzare con le mie proprie forze e spero di poter documentare in questo blog la mia scalata (speriamo, tocco ferro e faccio pure le corna) verso la mia vetta.
Con la speranza di condividere i miei sogni e le mie passioni con altre persone, mi auguro la buonanotte.

Baci,
Julie
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PS: ogni riferimento a fatti e/o persone POTREBBE essere puramente casuale.