Julie's world...

Inizio ogni giorno come se non ce ne fosse stato uno prima e lo vivo come se non ce ne sarà uno poi... J.
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mercoledì 19 giugno 2013

- Change -

Oggi sono come il Bianconiglio.



giovedì 5 luglio 2012

- Poco più di un anno fa -


Ti ho visto stanotte. Ho visto che hai fatto chilometri andando avanti e dietro ai piedi del nostro immenso letto matrimoniale. Sono rimasta in quel piccolo angolo riempiendo tutto il resto del letto con le mie paure. E il caldo non mi dava tregua, un po’ l’afa, un po’ la rabbia. Svegliami, tirami via dal guscio che mi sono creata, fa’ qualcosa di concreto. Non permettermi di distruggermi, non permettermi di seppellirmi.
Ho sentito il materasso deformarsi quando ti sei seduto vicino a me. Ho continuato la mia farsa. Dormivo. Almeno fino a quando non sei uscito sul balcone per finire il pacchetto di Marlboro rosse.
Ho infilato il jeans e una maglietta pulita, le converse rosse ai miei piedi e sono fuggita. Da te, da noi, da me stessa. Mi hai guardata mentre entravo in macchina, mentre evitavo il tuo sguardo.
Finestrini abbassati, Tracy mi dedicava “Fast Car” e io tornavo me stessa mentre mi avvicinavo al mare, mentre tornavo a Casa.
Mentre l’alba mi ricordava che avevo dormito troppo poco, parcheggiai su quell’enorme piazzale e facendo attenzione agli scogli scesi in quella baia che avevo visitato solo una volta. Era quella dove non volevo mai portarti, quella dove affrontai vis-à-vis  il mio primo grande amore. E non eri tu.

- Divagare -

Nah, tanto tempo che non scrivo. Che quasi mi sono dimenticata come si fa. Poi c’ho i giorni “buoni” e riempio la mia pagina di Facebook con tante stronzate, più o meno capite da chi legge, bene o male interpretate da chi mi conosce.
E poi c’è quella rara serata, come stasera… che mi prende la voglia di pigiare tasti a caso e più li pigio e più si concretizzano le cavolate che mi frullano in testa.
Che non c’ho molto da dire credo sia chiaro, ma un tentativo di mettere ordine ai cassetti della mente me lo concedo. Avrei da mettere in ordine anche i cassetti della vita, i cassetti dell’amore e i cassetti della mia stanza a dire il vero. Si, sono disordinata, da che l’avete intuito?
Beh, dai, poco alla volta. Queste righe possono bastare. O meglio, queste stronzate appena scritte e la buona intenzione può bastare. Prossima volta cerco di applicare un po’ la buona intenzione. Ora applico il mio diritto primario: vado a dormì.


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- Non vivo più senza te, anche se... anche se... -

È la mia naturalezza che non ti piace. E per naturalezza non intendo il non essere costruita ma la vicinanza alla natura, agli alberi, alla terra, al mare. Il vento poi e la pioggia. Come ci vorrei ballare scalza su una spiaggia sotto un temporale. Possibilmente sulle note di “Non vivo più senza te”, possibilmente senza averne mai visto il video, che a noi che balliamo la pizzica i capelli così lisci non ci stanno anche perché non li vogliamo. La pizzica è per spiriti liberi e un po’ ribelli, per quelle che si lasciano pettinare i capelli dal vento e dal mare. Per quelle che prendono la macchina in un caldo pomeriggio e vanno al mare con i finestrini abbassati e la radio che trasmette casualmente canzoni che toccano le emozioni.
E’ questo che non riesci a percepire, a non amare.
È me che entro in contatto con me stessa che non ti piace, quando disegno, quando mi sporco le mani di colore, quando rido con gli occhi e col cuore. Non ti piace che io sia me stessa, non ti piace e non ti riesce di non soffocarmi. E io non riesco a non lasciarmi soffocare e non riesco a lasciarmi prendere per mano e non riesco a mettere quella gonna lunga e colorata che mi rappresenta, ma a te non piace, quando invece mi fa sentire così libera, allegra, fresca… me. 

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giovedì 5 gennaio 2012

- Mio -

Hai mai notato come cambia il battito del mio cuore quando la notte interrompi il mio sonno solo per stringermi a te? Sotto il caldo del piumone, quando cerchi piano la mano mentre inspiegabilmente stai ancora dormendo. Quando appoggi la tua testa alla mia o sulla mia spalla. Quando sento il tuo respiro intermittente sulla mia pelle e non c’è cosa più fastidiosa di un respiro sulla pelle quando fuori fa freddo. Ma il tuo mi riscalda.
Hai mai notato come cambia la luce nei miei occhi quando arrivo da te? Anche quando non sei perfetto, anche quando non lo sono io, anche quando siamo arrabbiati, anche quando la gelosia ci toglie il respiro e le parole e abbassa i nostri sguardi.
Hai mai notato come si muovono le mie mani in tua presenza? Sembri una calamita per loro, tu la tua pelle bianca, i tuoi capelli e la tua bocca.. le richiamate a vostro piacere, le richiamate in ogni luogo, in ogni situazione.
E poi c’è quella tua paura di perdermi, forse più grande della mia. Quella paura che mi viene spiegata dagli altri perché tu non me lo diresti mai. Quella paura che viene spiegata dai tuoi gesti perché tu non ne parleresti mai. C’è quella gelosia che non mi spiego, la gelosia per i miei occhi, per le mie labbra… la gelosia per tutto quello che io non noto, per tutto quello che dici accadere intorno a me quando non mi tieni la mano, quando non sembro essere tua.
Ma io lo sono. Tua dico, lo sono. Ma qui i ruoli sono invertiti mi sa e ad aver paura sono io.
È difficile dirti quel che sei. Sei semplicemente tutto quello che c’è nel tutto e al di fuori di esso.
Sei il silenzio, i discorsi, i sorrisi, le lacrime, sei l’acqua, il cielo, il caldo, sei mille scintille, sei il motore, sei sogno, realtà, paura, realismo e speranze. Sei tempo, voce, droga, dipendenza. E sei anche tutto quello che non so, che non conosco, che ti fa quel che sei.
E sei Mio.



Julie.

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domenica 16 ottobre 2011

- Il mio karma traballa -

Come quando ti accorgi che è mattino ma puoi rimanere ancora a dormire.
Come quando colori una giornata grigia con un po’ di smalto.
Come quando un abbraccio ti fa sentire protetta.
Come quando hai poche certezze, ma quelle che hai sono la tua carica.
Come quando alcune incertezze rendono il gioco più bello.
Come quando il sole è caldo ma il vento è freddo.
Come quando i primi fiocchi di neve sanno di poesia.
Come quando un sorriso è contagioso.
Come quando indossi le tue scarpe preferite.
Come quando ti lasci andare alle stravaganze che diventano parte di te.
Come quando il mascara illumina lo sguardo.
Come quando accendi la luce appena entrata in casa.
Come quando il buio accoglie i tuoi sogni.
Come quando canti in macchina a squarcia gola mentre torni a casa di notte.
Come quando brindi con la tua migliore amica.
Come quando balli rapita dalla musica.
Come quando dimentichi la tua immagine e ti senti bella.
Come quando un messaggio inaspettato cambia la giornata.
Come quando torni a casa.
Come quando un vestito ti fa sentire speciale.
Come quando fa freddo e mangi il gelato.
Come quando il cane ti raggiunge sul divano e si lascia coccolare.
Come quando con una spazzola al posto del microfono improvvisi un concerto in playback davanti allo specchio del bagno.
Come quando il rumore del mare copre quello dei baci.
Come quando le mani scorrono veloce sulla tastiera.
Come quando ti prepari per una serata con una persona speciale e l’ansia ti mangia ogni certezza.
Come quando basta la tua canzone preferita a caricarti.
Come quando la stanza è invasa da bolle di sapone.
Come quando entri in libreria e vorresti leggere tutti i libri che ci sono. O almeno sfogliarli un po’.
Come quando decidi di cambiare qualcosa, un tatuaggio, un piercing, un taglio di capelli, un trucco diverso, un look nuovo.
Come quando ti rannicchi nel letto dopo una giornata piena, spegni la luce e ti accorgi che hai ancora voglia di vivere qualche ora.
Come quando l’invidia della gente ti fa sorridere.
Come quando ti accorgi di avere ragione su qualcosa.
Come quando si parla di vecchi ricordi con amici e si finisce puntualmente senza voce per le troppe risate.
Come quando sei in macchina e Ligabue canta “Certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei..”
Come quando torni nella tua città e l’odore del mare ti fa sentire a casa.
Come quando basta un po’ di matita nera e mascara per sentirsi più belle.
Come quando ridi al telefono con la mamma.
Come quando la giornata fila liscia e ti riscopri con un costante filo di allegria.
Come quando credi in qualcosa, che sia un dio, un amore, uno stilista, una dieta, un oroscopo o semplicemente il tuo nuovo profumo.
Come quando fuori piove e tu, sei felice dentro.

Julie.


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domenica 25 settembre 2011

- I miei pattini per scivolare sopra l'odio -

Ok, ora dimmi cosa vorresti che ti dicessi. Parole da spendere non ne ho, come tempo del resto.
Ho un treno da rincorrere e persone da abbracciare. Non sprecherò dei secondi in più con te, specie oggi che il tempo scorre lento e poi torna indietro.
Ho un piano attualmente. Voglio distruggere, demolire, annientare il mio mondo e crearne uno nuovo, prendere delle emozioni e scontrarle, vedere cosa ne esce, capire che possono fondersi tra di loro e creare una nuova me.
La senti oggi questa malinconia che pervade ogni oggetto, ogni centimetro d’aria? Vedi che tutto sembra anonimo e fermo? Lo vedi il caos statico, immobile che mi circonda?
Allontanati, cambia prospettiva e guardami bene. Non sono la persona che credevi,  ci sono tante cose che non sai di me. E di queste tante io ne conosco solo la metà.
Mi vien da urlare, strapparmi la carne. Non mi sopporto più, non sopporto più le mille patologie con cui ho fatto amicizia recentemente. Come uno di quei prestigiatori vorrei infilare una mano nel cranio come se fosse un cappello a cilindro nero, girovagare un po’ al suo interno e poi tirarne fuori, come mille fazzoletti colorati, pensieri, mal di testa, sogni, speranze, emicranie, pulsazioni, emozioni, strazi.
E poi vorrei essere uno studente di medicina davanti al mio cadavere o il dottor Victor Von Frankenstein in piedi accanto alla sua Creatura, stesa su un lettino, immobile. Vorrei aprire il mio corpo e massaggiare il cuore, i polmoni, dirgli che è tutto ok, sostituire il fegato e qualche altro organo. Aspirare via gli effetti di troppi nervosismi e cattiverie, medicare tutto con amore e poi richiudere il tutto, con dello spago nero, grosso… per ricordarmi sempre lo squarcio che mi sono procurata con le mie stesse mani.
Così ricominciare, come se fossi nuova, come se fossi pulita da ogni male… come se avessero appena aperto la confezione che mi conteneva al negozio.
Come una bambola insomma, un po’ vuota ma pronta ad accogliere tutto l’amore che le si può dare.

Julie.
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giovedì 25 agosto 2011

- Another rift in the wall -

Ero indecisa, avevo deciso di passare dal ferramenta, comprare un lucchetto senza chiavi e chiuderti fuori. Io sarei rimasta dentro me stessa invece, da sola. Ma mi son seduta sul marciapiede, di fronte a quell’enorme muro colorato. Ho tirato su gli occhiali scuri e li ho spostati sulla testa in modo da fermare l’enorme massa di boccoli che puntualmente mi si riversa davanti agli occhi. Ho deciso di non perdermi neanche un secondo dello spettacolo.
Guardo le mie Converse non più bianche come all’acquisto, decisamente vissute, e stringo le braccia attorno alle ginocchia mentre aspetto. Un’ombra mi copre i piedi. Elmetto, occhiali ed un grande martello, sostenuto con entrambe le mani. Eccoti. Mi sorridi, ma mi guardi appena. Guardi il muro con aria di sfida e poi cominci. E io lo vedo crollare mattone dopo mattone e non so se odiarti per aver distrutto un mio lavoro, un lavoro che ha richiesto duro impegno, rinunce e limitazioni o ringraziarti per avermi liberata. Che gran polverone, riesco a stento a vedere tutte le macerie sparse ma intuisco che tu sei già andato via. Lo so, avevi poco tempo da dedicarmi, mi avevi avvertito, ma speravo che facessi solo una crepa nel mio muro o una piccola fessura dalla quale guardare il resto del mondo… non mi aspettavo che lo demolissi, non mi aspettavo di essere lasciata senza difese. Ed ora che sei lontano ed ora che sono come nuda, il mondo mi assale. Mi confonde e mi invita al suo gioco. Un gioco in cui semplici “Si” e “no” detti sottovoce possono sconvolgere qualsiasi equilibrio ed ogni disequilibrio. Guardali mentre lanciano i dadi, mentre si giocano la mia sorte. Mentre si dimenano tra un due di picche e l’altro. Guardali mentre mi tieni per mano nei sogni. Credo che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò, ma non capendo cosa credo che continuerò a godere di ogni momento… mentre tu mi metti nei guai. Mi togli le parole, la mia unica arma. Mi vieti così di spiegare, di raccontare… perché gli sguardi, i sorrisi, i battiti del cuore non si possono mica scrivere.

Julie.
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mercoledì 3 agosto 2011

- Ci incontreremo in un buco temporale -

La febbre mi assale, come reazione alla tua mancanza. Il mio corpo si sente indifeso senza i tuoi abbracci, senza la tua presenza così rassicurante.
Ho visto più di un’alba, ma mai così rosa. Ho visto tante ore scorrermi davanti ma mai avevo dimenticato la concezione del tempo.
E mentre le mie inibizioni erano basse e mentre mi guardavi tenendomi il viso tra le mani, mentre ridevamo per cose stupide e mentre il mare ci faceva da sottofondo. Eravamo noi.
Cercami. Fallo quando sei triste, quando il mondo sorride, quando sei ammalato, quando ti manco, quando ti manchi. Cercami mentre piove e mentre ascolti una canzone.
Sconvolgimi con qualche parola detta sottovoce, sconvolgimi col tuo sorriso e la tua allegria. Sconvolgimi litigando, sconvolgimi dimenticandomi.
Torna, ma fuggi da me che sono sbagliata per chiunque.

Julie

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martedì 26 luglio 2011

- Una Tarantola e una Donna nel deserto -

Guardami, sono qui che fisso la tastiera. Sono qui che per la prima volta sono impanicata da un virtuale foglio bianco. Sono qui che guardo le nostre foto, dalle più vecchie e tenere alle più recenti e pazze.
Non parlo mai tanto di te, a nessuno, immagina scrivere di te quanto mi risulti difficile.
Non è che non voglio, è che non ci riesco.
Tu sei una cosa bella, sei una piccola isola felice per me.
Ma proviamoci. Prendimi la mano e lasciamo che il vento ci accompagni.
Anzi prima fermati, dammi un bacio, qui sul naso come piace a te.
Ok, posso cominciare, ma sai che faccio? Non scrivo di te, non scrivo di noi… provo a raccontare una storia.

“Buonanotte mondo. Chiudo gli occhi e tutto perde forma, colore, senso.
E così entro in una stanza, sembra un vecchio locale deserto, un po’ buio e impolverato.  Addossato ad una parete vedo uno di quei classici tavolini con lo specchio circondato di luci che servono agli attori per prepararsi ad uno spettacolo.
Passo una mano sullo sgabello di velluto rovinato per togliere almeno uno strato della polvere che lo ricopre e mi siedo. Contemporaneamente nello specchio una ragazza si siede di fronte a me. Occhi negli occhi e muovo una mano. Tocco la sua e sorridiamo della scoperta.
Vedo una massa informe di capelli ricci castani e due occhi grandi, castani anch’essi. E nei suoi, nostri occhi scruto in un angolo, la determinazione, la forza, la grinta che nessuno penserebbe mai esserci in poco più di un metro e mezzo d’altezza.
Ora ci osservo. Guardo le nostre mani e guardo i nostri corpi. Guardo i nostri nasi e anche gli occhi, i capelli, che in comune hanno solo il colore. Mi chiedo perché solo io vedo queste differenze tra me e la ragazza nello specchio.
Guardateci anche voi, fate attenzione. Siamo due contraddizioni viventi, siamo opposte a noi stesse e mischiate tra di noi. In questa vita o nella passata ci siamo scambiate pezzi di noi stesse, lacrime, sorrisi, baci, mani. In qualche strano modo ci completiamo e ci prendiamo cura l’una dell’altra.
Guardate ora i nostri occhi. Guardate i miei sempre delineati da una sfumatura nera. Guardate i suoi, sempre circondati da mille colori. Guardate i nostri capelli, i miei, lunghi, folti, ricci, incolti e continuamente in movimento sulla mia testa e i suoi, corti, a piccoli boccoli che sfidano la gravità, che sfidano la proprietaria e la sua pazienza, che le accarezzano le spalle, che cambiano spesso forma, ogni tanto colore.
Ora dateci un’oretta. Ci vestiamo ed usciamo.
Macchina. Sedute l’una accanto all’altra, a cantare canzoni che invece vorremmo ballare come pazze prima di raggiungere il posto che incornicerà la nostra serata.
E ora parte il bello, partono frasi degne di un comico, partono situazioni surreali, balli, ghiaccio, tacchi, sguardi rubati, fotografie, fino a tardi, fino a quando i nostri piedi sopportano i 13cm di distanza dal suolo, fino a quando non abbiamo bisogno di sederci e prenderci per mano e respirare forte, fino a quando non ci dicono che “è ora”. E poi tanto ci vedremo poche ore dopo, quando il sole sarà più forte di quello che abbiamo visto prima di dormire un pò. Ci incontreremo ridendo e con gli occhiali scuri, ci vedrete girare in un supermercato ridendo di ogni cosa e parlando poco.
Tutto questo perché pur essendo una persona sola, non siamo la stessa cosa. Tutto questo perché nonostante la somiglianza, non siamo simili a noi stesse, né ad altra gente.
Io e lei, la donna della mia vita, l’unica che amerò davvero, l’unica che conoscerò e mi sorprenderà sempre come mi stupisco ancora di me stessa.
Julie e Terie, sono “due puntini, ma visti da lontano”, da vicino sono due che non si possono non notare. 
Perché? Ah beh, questo non lo so. 
È quello che ci dicono sempre. Vero Mia Terie?

TI AMO.
Tua Julie”

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